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Intervista esclusiva a Carlo Rivellini, il medico – pilota in prima linea nella battaglia contro il CoVid

Intervista esclusiva a Carlo Rivellini, il medico – pilota in prima linea nella battaglia contro il CoVid
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Carlo Rivellini è uno tra i medici più stimati del panorama motociclistico italiano. E’ un chirurgo vascolare appassionato di motori, nonché responsabile sanitario di Motorally e Raid TT.

Negli scorsi mesi ha prestato servizio all’ospedale di Ceva, in provincia di Cuneo, per aiutare il personale medico durante l’emergenza CoVid-19. Ci ha raccontato la sua esperienza in questi ruoli e della sua amicizia con il pilota Nicola Dutto.

Carlo, come stai? Com’è stato questo periodo?

E’ un periodo un po’ strano perchè è quella della ripartenza degli ospedali, in quanto la sanità pubblica ha dovuto stoppare l’attività durante il periodo di pandemia. Era possibile svolgere soltanto attività in urgenza, mentre ora che il contagio si è ridotto gli ospedali si stanno riconvertendo e occorre riorganizzare l’attività ordinaria. Noi operatori la stiamo vivendo abbastanza male, abbiamo tutti voglia di tornare a fare ciò che facevamo prima ma si tratta di una ripartenza molto lenta e difficile. In questo periodo ho svolto l’attività nel reparto CoVid dell’ospedale di Ceva ma per il resto abbiamo perso un volume di attività pazzesco, basta pensare ad esempio a tutti gli esami programmati che non sono mai stati fatti”.

Com’è stata questa esperienza nel reparto CoVid?

Totalmente diversa da tutto il resto. E’ un ambiente molto particolare che non ha nulla a che vedere con i reparti in cui ho lavorato in precedenza. Già soltanto dover lavorare con tutta questa roba addosso è strano, in più le persone non ti riconoscono. Ti presenti al letto di un malato per visitarlo e non ti vede neanche perchè hai tre paia di guanti, l’impermeabile, la mascherina ed il visore. Per certi versi è spettrale, con i pazienti a letto e le finestre aperte in inverno, nuovi controlli che prima non esistevano, procedure ben precise…e tu lavori sapendo che i malati sono contagiosi. In più sia io che mia moglie siamo medici ed abbiamo vissuto quasi totalmente separati. E’ stato davvero particolare, è impossibile immaginare cosa si prova in un ambiente del genere. Faticoso sia dal punto di vista fisico che psicologico”.

Parlando invece del tuo impegno nell’ambito motoristico, come credi che sarà questa ripartenza dei campionati?

A livello di Federazione Motociclistica stiamo lavorando alle linee guida per questa ripartenza, le quali prevederanno una serie di norme da seguire per piloti, commissari e addetti vari durante gli eventi. E’ una situazione complessa, soprattuto pensando a quanto possa essere affollato un paddock. Ma sarà un problema non soltanto per le gare, perchè anche i raduni, le motocavalcate e gli eventi vari possono avere grande affluenza e, nonostante tutto, gli unici metodi davvero efficaci per evitare il contagio sono la mascherina ed il distanziamento. Sinceramente sono abbastanza preoccupato al pensiero di una gara visto che tra piloti, meccanici e pubblico non sono sicuro che tutti siano in grado di seguire le norme. E poi essendo gare nazionali ci sarà gente proveniente da tutte le regioni. Possiamo solo sperare nel buonsenso”.

Quanto è difficile essere il responsabile sanitario dei Motorally?

E’ difficile per via delle caratteristiche delle gare di Motorally, che la maggior parte delle volte si svolgono su un percorso ad anello su una distanza media di 200 km, perciò un percorso che ricopre un territorio grandissimo. Bisogna prevedere tutti gli scenari possibili per poter intervenire rapidamente qualora ci fosse un problema e ci vuole uno studio molto approfondito del territorio, oltre alle giuste risorse in termini di uomini e di mezzi. Poi noi che utilizziamo la moto siamo avvantaggiati perchè possiamo spostarci più rapidamente raggiungendo posti che in macchina non si potrebbero raggiungere. E’ molto diverso rispetto alle gare in circuito, dove il tutto si svolge in un’area molto limitata. Nel fuoristrada è tutto molto più complicato”.

Sei amico di Nicola Dutto. Come spieghi ciò che riesce a fare con una mobilità così limitata?

Nicola Dutto è un mio grandissimo amico, viviamo entrambi a Cuneo e ci frequentiamo regolarmente. E’ un grande, ha una grandissima forza di volontà e grazie ad essa riesce a fare qualcosa di sraordinario. Va detto che oltre a volontà e determinazione servono anche risorse economiche, perchè modificare una moto per adattarla ad un pilota paraplegico è molto dispendioso, ma per fortuna lui ha tante persone che lo aiutano. La moto in fuoristrada si guida con le gambe e spesso si sta in piedi. Lui non ha l’uso delle gambe ed è riuscito a reinventare la guida in fuoristrada. Riesce ad andare in posti, come le dune, dove molta gente che pratica il fuoristrada non è in grado di andare. E’ un grandissimo atleta”.

Alessandro Di Moro